STATO DI CONSERVAZIONE: Discreto; locali lacerazioni del
tessuto di fondo, cadute dell'ordito di pelo.
- TESSUTO 1.
- LETTURA TECNICA: velluto tagliato operato a un corpo.
-
- ALTEZZA DEL TESSUTO: cm. 54, senza cimose; rapporto di disegno: cm. 83X27; numero
dei campi: 2; tipo di campo: a ritorno.
-
- ORDITO: 2 orditi; I di fondo, organzino di seta, x capi, S, colore cremisi; II di pelo,
organzino di seta, x capi, STA, colore cremisi;
SCALINATURA: 1 filo di pelo;
RIDUZIONE: 96 fili/cm. di fondo; 16 fili/cm. di pelo
PROPORZIONE: 6 di fondo/1 di pelo
TRAMA: 1 trama, di fondo, seta, x capi, STA, colore ocra
SCALINATURA: 1 ferro
RIDUZIONE: 16 ferri/cm.
PROPORZIONE: 3 colpi 1 ferro
COSTRUZIONE: fondo in raso da 5 doublé diffalcamento 2,
faccia ordito, prodotto da tutti i fili e da tutte le trame di fondo. Opera creata dalla
catena di pelo tagliata. Velluto di 3 colpi il ferro.
TESSUTO 2
LETTURA TECNICA: raso ricamato
ALTEZZA DEL TESSUTO: non rilevabile; rapporto di disegno: unico;
ORDITO: 1 ordito, di fondo, organzino di seta, x capi, S, colore
celeste
RIDUZIONE: 108 fili/cm.
TRAMA: 1 trama, di fondo, seta, x capi, STA, colore celeste
RIDUZIONE: 30 trame/cm.
COSTRUZIONE: fondo in raso da 8 diffalcamento 3, faccia ordito,
prodotto da tutti i fili e da tutte le trame di fondo.
RICAMO: in oro filato riant avvolto su anima in seta nei colori:
giallo, verde e rosaceo lavorato a punto pieno (imbottitura in fili di canapa e cotone);
filo di seta nei colori: rosso, verde, rosaceo, arancione, lavorato a punto raso e a punto
erba.
DESCRIZIONE DEL DISEGNO: corpo: modulo a «rete» con andamento
verticale composto da una serie di grandi maglie ovali a doppia punta e cuoriformi, create
dallintreccio di rami a cui si avvolgono foglie dentellate, bocci e melagrani. Il
primo ordine di maglie incornicia alternativamente anfore con campiture a scaglie e
composizioni di foglie stili zzate. Laltra serie racchiude, alternativamente,
infiorescenza di cardo e motivo a palmetta tra elementi di fantasia. Stolone: motivo ad
impostazione speculare con andamento sinusoidale. Da un vaso baccellato si svolge una
successione di tralci fogliati e fioriti che si intrecciano specularmente. Interrompe il
motivo, al centro, un vaso ansato da cui fuoriesce un mazzo di garofani. Cappuccio: motivo
ad impostazione assiale; da un vaso baccellato si dipartono tralci sinuosi con foglie e
pigne che, disposti specularmente, incorniciano 1immagine del pellicano mentre si
lacera il petto con il becco per nutrire col proprio sangue i suoi piccoli. Delimita il
perimetro del cappuccio un motivo a girali con gigli.
Roberta Civiletto
NOTE: La seconda datazione è relativa allo stolone e allo
scudo.
NOTIZIE STORICO-CRITICHE
I due piviali qui esaminati sono tra le opere darte decorativa
dellAbbazia di San Martino delle Scale che, nei secoli, hanno destato la curiosità
e 1ammirazione dei tanti cronisti che hanno tramandato interessanti ragguagli
storici sul monastero. E ciò perché le due preziose sacre vesti confezionate con un
velluto donato dal Bay di Tunisi Abu Omar Othman a fra Giuliano Majali.
Questultimo, costituito ambasciatore da Alfonso il Magnanimo il primo dicembre del
1438 (cfr. Archivio di Stato di Palermo, Pergamena S. Martino n. 793 edita in S.M. Di
Blasi, Memorie del Beato Giuliano.", in «Nuova raccolta di opuscoli
siciliani», IV, 1791, pp. 42-46) fu inviato nello stato nord-africano dallo stesso
sovrano ben tre volte, nel 1438, nel 1443 e nel 1450, con ampia facoltà di negoziare pace
o tregua, svolgendo unintelligente politica di equilibrio che «seppe condurre su un
piano di cordialità tra i1 paese da lui rappresentato e il regno di Tunisi ... sfruttando
a favore del suo paese 1amicizia personale che lo legava ad Othaman" (F.
Giunta, Fra Giuliano Majali"., in A.S.S., serie III, vol. II, 1947, p. 177).
Inoltre si adoperò instancabilmente «ad alleviare le pene dei fedeli fatti schiavi dai
Mori e a riscattarne quanti più potesse» (cfr. A. Lentini, ad vocem, in
Bibliotheca..., vol. IX, 1967, col. 243). Al Majali, personaggio di spicco della
Palermo pre-rinascimentale, si deve 1apertura del1Ospedale Grande insediato
presso Palazzo Sclafani, struttura socio-sanitaria fondamentale e necessaria per il
capoluogo isolano dove dilagava ampiamente la piaga dellemarginazione sociale (cfr.
A. Mazze, Ledilizia sanitaria..., 1992, pp. 65-67). Gia nel 1733 Rocco Pirro,
nel tracciare un profilo del Beato Giuliano ed attingendo alle lettere autografe dello
stesso, riferisce che tra i numerosi doni portati da Tunisi a S. Martino dal Monaco erano
« alquanti preziosi tessuti serici con i quali sono state realizzate sacre vesti per il
monastero» (cfr. Sicilia Sacra, 1733, p. 1094) che esistevano al tempo dello
studioso.
Anche il canonico Antonino Mongitore nel suo manoscritto sulle
Chiese e Case dei Regolari (ms. del XVIII sec., B.C.P. ai segni Qq E 5, c. 48) nel
descrivere la sacrestia della chiesa del1Abbazia riferisce che oltre a ricche
suppellettili sacre ci sono «alcune vesti di drappo di eccellente lavoro avuti in dono
dal Re di Tunisi al P. d. Giuliano Majali, quando andò Ambasciadore a quel Re, a nome del
Re Alfonso ». E ancora dalla Cronaca manoscritta del Di Blasi si apprende che «le
accoglienze colà avute da Fra Giuliano ben possono congetturarsi da regali ivi
avuti, fra quali si conservano sino al di doggi (1776) nella nostra Sacristia due
famosi Piviali di velluto cremisi riscagnati, che dopo tre secoli e mezzo conservano
ancora un lustro che ammirasi da tutti i Forastieri, cotanto vivo che sembra un opera, ed
un lavoro fatto a nostri giorni. Sono essi fatti da un real manto del Re medesimo di
Tunisi, come per costante tradizione assicurati ne siamo» (cfr. Di Blasi, Cronaca...,
Ms. del XVIII secolo, ASSM ai segni VII B 17, c. 228v). E sempre lo stesso cronista
riferisce che il Majali prima di rientrare in Sicilia a conclusione della sua missione a
Tunisi ricevette la «Fergia, o Giubba, che dal Gran Turco aveva ricevuto in dono colla
quale aveva pigliato il possesso di quel Reame, tutta fregiata doro, ed altri drappi
di velluto a fondo raso di seta cremisina, quali poscia convertì in veste, e piviali,
sacre, che oggi si conservano nel sacrario, e la Giubba si usa nelle Feste solenni e si
chiama la Cappa del Turco» (idem, c. 232r). Purtroppo tra il patrimonio tessile
dellAbbazia benedettina non e stato rinvenuto tale indumento, ma si ritiene che il
Di Blasi abbia enfatizzato la consistenza dei doni ricevuti dal Mayali. Più chiaro appare
quanto riportato dal Frangipani che a proposito del viaggio di pace del monaco benedettino
scrive: «Durante tutto quel tempo seppe così bene cattivarsi la stima di Ottomano che,
al congedarsi da lui, si ebbe, oltre ai preziosi regali soliti a farsi in simili casi,
qual segno di particolare attenzione, il proprio manto di velluto cremisi. In seguito se
ne fecero due piviali che tuttora si conservano nella nostra chiesa in ottime condizioni»
(G. Frangipani, Storia..., 1905, p. 82). Caratteristica del velluto con cui sono
stati confezionati i due piviali e 1originalità del modulo disegnativo, carico di
elementi che denotano 1area di provenienza. Il complicato intreccio dei tralci crea
delle forme triangolari, che, attraverso la bidimensionalità propria del velluto,
richiamano alla memoria più articolate cupole semisferiche e cuspidate tipicamente arabe.
Le manifatture italiane, soprattutto toscane e venete, che operavano nello stesso periodo
di fattura dei piviali in esame, producevano velluti la cui «impostazione del disegno
appare definita da pochi tipi di base sui quali viene operata una quantità indefinita di
varianti, che interessano solo particolari accessori del disegno stesso» (D. Devoti,
Larte del..., 1974, p. 21). In Italia si impongono due tipologie basilari dette
una a «griccia», a sviluppo verticale e che consiste nella successione di pigne e
bastoni che vanno torcendosi, laltra a «cammino», a sviluppo orizzontale data
dallalternanza di grandi pigne rotte con diverse tipologie di fogliame (cfr.
ibidem, e figg. 71-72, 80-81). Inoltre un elemento costante che compare su molti
velluti italici e la melagrana, come si può notare nei laterali in velluto tagliato ad un
corpo datato al XV secolo della pianeta della Cattedrale di Santa Maria Assunta di Siena
(cfr. M. Lorenzini, scheda n. 6, in Drappi, Velluti..., 1994, p. 105).
Anche il disegno del ricamo dello stolone sembra prendere in prestito
non solo 1aspetto tridimensionale tipico del velluto, ma anche forme e contenuti. Il
tema del vaso da cui fuoriescono girali fioriti ad andamento ondulato sono una costante
per le manifatture italiane attive tra il Quattro e il Cinquecento, ed un esempio più che
calzante e che concorda puntualmente con il particolare dellopera in oggetto e il
modulo della pianeta della metà del XVI secolo di velluto cesellato ad un corpo di
manifattura genovese del Tesoro della Cattedrale di San Lorenzo del capoluogo ligure (cfr.
D. Devoti, Larte del..., 1974, fig. 108; E. Bazzanti, Velluti di seta,
in Tessuti antichi..., 1981, p. 112, fig. 18).
Lelemento iconografico, poi, che caratterizza il cappuccio e
unimmagine particolarmente propagandata dalla simbologia cristiana. Alludere al
sacrificio di Cristo attraverso la rappresentazione del pellicano e una formula che si
ritrova realizzata con la tecnica del ricamo gia nel XV secolo come dimostra il paliotto
daltare in seta e oro di manifattura italiana custodito al Museo Poldi Pezzoli di
Milano (cfr. A. Santangelo, Tessuti darte..., 1959, tav. 55; M. Bussaglia,
La seta..., 1986, p. 129). Nei due piviali dellAbbazia di San Martino pur
essendo identici i soggetti iconografici e gli ornati ricamati si nota una sostanziale
differenza dello sviluppo disegnativo: più limpido ed elegante in uno, con ampie
campiture di pieni e vuoti che permettono una maggiore lettura dellornato modellato
con sapiente equilibrio, nellaltro risulta più massiccio, appesantendo la presenza
dei decori. Si ipotizza, infine, che la confezione dei due piviali non sia stata
contestuale allacquisizione del tessuto, donato al Majali durante una delle sue
missioni nord-africane, ma successiva, e da inquadrare cronologicamente alla meta del XVI
secolo, datazione suggerita dalla decorazione ricamata sullo stolone e sul cappucccio.
Maurizio Vitella
Bibliografia: S.M. Di Blasi, Ms. del XVIII sec., ASSM, VII 8 17; A.
Mongitore, Ms. del XVIII sec., B.C.P., Qq E 5; R. Pirro, 1733; G. Palermo - G. Di Marzo
Ferro, 1858; G. Frangi- pani, 1905; A. Lipari, 1989.